dal 1999 testimone di un’evoluzione

CRONACHE DALLA SALA – VINCERE

…e non convincere.

Con “Vincere” l’unico film italiano in concorso al Festival di Cannes si scopre sempre di più l’incolmabile gap che divide il nostro cinema (cosiddetto di qualità) da quello internazionale.

Il film firmato da Marco Bellocchio, che racconta l’amore segreto e tormentato di Benito Mussolini con Ida Dalser, non riesce mai a spiccare il volo. Impersonale e freddo, con una recitazione sopra le righe, il film cerca continuamente di colmare i tanti vuoti narrativi con un continuo e spossante inserimento di cine-documentari dell’epoca. La cosa che spicca maggiormente in questa produzione nostrana è l’assoluta incapacità di una ricostruzione storica. Basterebbe raffrontare l’America degli anni trenta ricostruita da Clint Eastwood in “Changeling” per scoprire quel vuoto qualitativo che ci divide dal resto del mondo.

L’Italia ricostruita in “Vincere” è un’Italia che ricorda troppo la mediocrità che affligge le nostre fiction sul grande schermo. Nel nostro cinema oltre alle idee ed al buon senso sono sparite le maestranze, quelle con la emme maiuscola, quelle che negli anni ’50 e ’60 trasformarono Cinecittà ne “la Hollywood sul Tevere”, quelle che portarono il nostro cinema d’autore, e non solo, in giro per il mondo. Il paese dei grandi artigiani del cinema è sprofondato nel baratro; troppo impegnati a diventare “tronisti” o canterini ci siamo lasciati sopraffare da un qualunquismo disarmante senza aver avuto la benché minima voglia di imparare realmente qualcosa.

“Sporchi, maledetti e subito” citava un triste adagio di chi voleva arricchirsi senza mezze misure, e questa è stata un po’ la parabola culturale dell’italiano medio di questi ultimi decenni. Ad ognuno le proprie responsabilità. In tempi di elezioni europee, di polemiche sui corrotti, di nomine Rai e quant’altro, ci scopriamo sempre più sospinti alla deriva dalle pericolose correnti di un generalismo spossante creato dalla tanto amata politica che come un cancro ha finito per annientare tutto quello che c’era di buono. Non abbiamo fatto nulla per evitare tutto questo, critichiamo la carriera di un imprenditore diventato Premier grazie ad una Tv generalista e commerciale, ma che cosa abbiamo fatto (realmente) per evitare di guardarla, per evitare di rimanere intrappolati dentro a quel cubo oramai essenziale per la nostra esistenza?

La vera rivoluzione parte da dentro, dalla capacità di disfarsi di tanti falsi miti con cui troppo spesso ci identifichiamo e da cui rischiamo di essere sopraffatti. Quando riusciremo finalmente a prenderci “ognuno” le proprie responsabilità, a ragionare con le nostre forze e ad accettare i nostri limiti, forse torneremo nuovamente a respirare qualcosa di nuovo e magari chissà… a riscoprire un nuovo grande cinema italiano.

data: 24/05/2009