dal 1999 testimone di un’evoluzione

Illegal & wanted

Il Gruppo Editoriale Minerva Rarovideo presenta a Venezia la sua nuova collana di grandi film in dvd

“ILLEGAL & WANTED” a cura di Roberto Silvestri

PREMESSA

Sono altri i ‘cento film più belli della storia del cinema’. Sono altre, e vengono da altri continenti, non solo dai nostri, le più grandi filmaker d’oggi.
La collana di RaroVideo “Illegal & wanted” (del mondo) vuole diventare una sorta di ‘giustiziere dell’immaginario’. Una ‘massa critica’ interattiva per ribaltare le classifiche dei valori dominanti. Quel che, da che mondo è mondo, deve fare la critica d’arte. Là dove vi dicono arte, spesso troviamo ‘trash’. Ma dove la segnaletica imperiale indica: ‘trash’, ecco che lì si fanno incanti. Non seguiremo però solo il filo dei film ignorati perché realizzati nei tre mondi o perseguitati e censurati per motivi politici e ‘di globalizzazione’, sessuali, religiosi, patriarcali, razzisti o di ‘forma e sostanza del contenuto’ e di ‘forma e sostanza dell’espressione’…
Anche se è una storia eccitante, e la vedremo, quella che passa da ‘La stregoneria attraverso i secoli’ a “W.R-Rivoluzione mondiale”; dagli ‘insostenibili’ happening degli ‘azionisti austriaci’ all’intero panorama nipponico “Eros + Massacro”; dagli horror punk brasiliani di Mojica Marins ai doc inuit o dei nativi d’America; dalle opere ‘troppo umane’ di Holger Meins, membro della Raf tedesca a quelle lucide e appassionate di Masao Adachi e Koji Wakamatsu, militante il primo e simpatizzante il secondo dell’Esercito rosso giapponese (oltre che amici e collaboratori di Nagisa Oshima); da Mabel Normand a Ida Lupino a Sofia Coppola, altri occhi sul pianeta America…
Impareremo infatti dai lavori ‘di movimento’ di Alberto Grifi e di Orson Welles, come dai classici di Griffith e Micheaux, o dai ‘film marginali’ di Sganzerla, Bressane, Whitehead e Straub-Huillet che ciò che fa un film sovversivo non è la banale capacità di scandalizzare, di ‘mettere paura’ a idee e comportamenti che rassicurano gli ‘statuquoisti’, cioè i fan dello statu quo. Produrre terrore, mostrare profeticamente quel che il mondo è (dietro la scorza delle apparenze e delle ideologie) e sta diventando, procurare la vertigine dell’esplorazione estetica; vedere ciò gli altri non vedono, la scultura interiore delle cose, è arte di pochi capaci di comunicare coi molti. Dei cineasti che ci piacciono, da Amos Gitai a Alex Cox, da Dijbril Diop Mambety a Lizzie Borden, da Ron Mann a Dennis O’Rourke, da Nico D’Alessandria a Hershell Gordon Lewis e Frank Henenlotter (per citare solo alcuni dei registi che apriranno la collana) perché si sono messi all’altezza di una ricerca radicale e che non tollera compromessi, condotta al fianco di pittori, scienziati, scrittori, scultori, architetti, stilisti, musicisti e di tutti coloro che, qualunque lavoro facciano, sappiano coniugare meditazione sulle questione ‘fondamentali’ della vita e della morte, istigare alla lotta delle moltitudini, e tensione verso l’innovazione permanente. A costo di suscitare imbarazzante ilarità.
Quando Carlo Cattaneo e Victor Hugo, a metà 800, immaginarono e parlarono per prima volta di “Stati Uniti d’Europa”, immaginerete tutti come furono accolti.

COSA VEDREMO

I film di ogni genere e formato, censurati dalle dittature (anche permissive) e dalle democrazie (sempre autoritarie) del nord e del sud, dell’est e dell’ovest, dai loro festival, dalle loro televisioni, dai loro cellari d’archivio, perché mostrano ciò che non dovrebbero. Quelli, anche a cartoni animati, perseguitati perché sfrontatamente belli e ribelli, libertari e rivoluzionari, erotici e ‘nevrotici’. Le opere rimosse dalla memoria e dalle storie del cinema, perché il punto di vista delle donne è pericoloso per il potere patriarcale, che regge tutto l’ Occidente e Oriente, da papa Ratzy all’ayatollah.
Le pietre miliari del ‘terzo cinema’, i gioielli anti-colonialisti, anti razzisti, anti-imperialisti e anti-neocolonialisti, che non stanno né con Hollywood né con il cinema d’autore all’europea (ma che spesso sono stati realizzati da fior di autori e autrici, anche hollywoodiani), e meno che mai dalla parte dei regimi corrotti, delle tradizioni oscurantiste e ‘iconoclaste’ e degli stati terzi asserviti all’economia mondo. Privilegiamo il cinema come memoria fertile e arte sovversiva, quello fuorilegge e ludico, frutto di una soggettività desiderante capace di mettersi continuamente in discussione e che immagina altri mondi e altre vite possibili e si fa nuovo soggetto politico.
Arte “criminalmente bella”, secondo il progetto surrealista, che deforma i modi di produzione imperanti, anche se spesso li abita e li sovverte dal di dentro, le gerarchie sociali e sessuali che umiliano la maggior parte dell’umanità, le parole d’ordine ortodosse che schiavizzano. Nel mondo si producono comunque, ma non sempre si vedono, immagini aperte alla lettura libera: ma questi film fuori schema, o sono messi ai margini del circuito distributivo o cancellati perché insostenibili. Opere magnifiche e pericolose, destabilizzanti e ‘sans papier’ a basso o alto budget. Film realizzati dalle donne in rivolta, mentre il machismo impera. Documentari clandestini e extracomunitari di uomini e donne, gay&lesbian, trans e bisex, prodotti nelle cosidette periferie del mondo e meravigliosamente ‘degenerati’. Nello stesso tempo si appendono alle pareti, per devitalizzarli, o si espongono come capolavori ineffabili, imbalsamandoli alla lettura unica e ‘artistica’, asessuata e apolitica, film classici di potenza rivoluzionaria talmente abbagliante da accecare: film di Bunuel, Ghatak, Jerry Lewis, Welles, Godard, Demme, Sembene Ousmane, Disney, Oshima, Dziga Vertov, Peries, Bava, Aldrich, Marker, Arzner, Eisenstein, Rocha, Don Siegel, Tsui Hark, Roger Corman, Walsh, Fuller… dopo infausto trattamento ‘al bromuro’ vanno rimessi in circolazione, liberati dalla naftalina di un pensiero critico strapagato per narcotizzare la recezione.
Questa collana di Raro Video vuole dunque scoprire, liberare, e socializzare tesori sepolti dell’immaginario. Opere in pellicola o in digitale realizzati e combattutti, spesso imprigionati a vita, nell’epoca dell’imperialismo, del neo liberismo e del postcolionismo. Che è l’età del cinema, da Bismark a oggi.
C’è chi (i nemici di I&W) estetizza la politica. Noi vorremmo politicizzare l’arte. Che vuol dire appoggiare ovunque nel mondo gli artisti, subumani e sovrumani (se no vengono colpiti a vista). Contro i soprusi, le censure, le trappole, gli arresti, i processi, le condanne, le torture, l’emarginazione, gli ostruzionismi, l’oblio, il sadismo bancario, il sarcasmo dei media cui sono stati e sono tuttora sottoposti, non solo dai governi, ma anche nelle storie ufficiali del cinema dai critici ‘medi’.
Perché, nonostante tutto questo, hanno comunque raccontato sull’economia (il lavoro, i consumi), la politica (il potere, lo sfruttamento), l’amore (i corpi liberati dalle corazze repressive), la bellezza (altre geometrie e geografie della vita e dell’arte), la religione (il sesso dello spirito), il razzismo (la quasi totalità della sensibilità culturale dominante nel nostro paese) con un potere suggestivo e una libertà di fraseggio destabilizzante e devastante. Che fa più paura, molto più paura, di un drappello di Al Qaeda o di cellule comunisti combattenti al lavoro.

I PRIMI TITOLI

Da settembre ‘libereremo’ alcuni film dalla prigione della censura economica, sessista, estetica, razzista, politica e religiosa… Inaugura la collana I&W un cofanetto sulla guerra di liberazione dal basso dalla ‘globalizzazione dall’alto’: si tratta di due film storici, cioè il primo documentario che ha smascherato i crimini planetari del neoliberismo (‘Ananas’ di Amos Gitai) e ‘Go further’, un più recente lavoro, inedito in Italia, realizzato dall’idolo della controcultura cinematografica, il canadese Ron Mann, che assieme a Woody Harrelson ci guida in un road movie vegan tra agricoltura biodinamica, energia solare e alternativa, carburanti non inquinanti e uno stile di vita ecosostenibile, anticonsumista ma felice. Seguiranno un omaggio a Alex Cox, il filmaker di Liverpool che ci conquistò con ‘Repo man’ e con l’elegia punk ‘Sid & Nancy” ma che poi ha respinto le avances troppo compromettenti e ‘embedded’ di Hollywood e, da buon “Comunista di Marte” (è il nome della sua casa di produzione), ha preferito fare i suoi film, ‘indigesti’, a basso costo, politicamente anarchici e ad alto quoziente di coraggio (‘Walker’ e soprattutto i nostri ‘Straight to hell’, dedicato al western spaghetti e ‘El Partrullero’, un film che nessun poliziotto può vedere senza impazzire).
A un altro tragitto criminale, il controllo schiavistico della prostituzione est-nord e sud-nord, controllato dalle singole mafie in accordo sfrontato con i governi che regolano il ciclo dell’emigrazione clandestina e i flussi di manodopera ‘clandestina’, per tenere basso e sotto controllo il lavoro salariato e aumentare i profitti, sono dedicati altri cofanetti (contenenti capolavori sconosciuti di Gitai, O’Rourke, Rithy Pahn e Lizzie Borden). Censura ‘razzista’ è quella esercitata contro i filmaker africani, ignorati o ghettizzati nei festival. A Djibril Diop Mamberty, il Godard senegalese (che oltretutto partecipò attivamente alla grande stagione creativa del western all’italiana, come attore e instancabile visionario) non può non essere dedicato un primo dvd di risarcimento.
L’autore dei sorprendenti lungometraggi ‘Hyenes’ e ‘Touki Bouki’ (recentemente restaurato da Martin Scorsese nell’ambito del World Fund dedicato ai capolavori dei tre mondi) è stato anche un maestro, meno conosciuto, del corto poetico – polemico, di raffinata perfidia critica, pamphlet politici contro il neocolonialismo e la borghesia locale asservita, distrutti con l’arma più potente, la staffilata satirica. Infine. Ron Mann ha decostruito in ‘Grass’ la lotta ‘eroica’ del governo americano (e del suo primo soldato, Edgar Hoover, capo anticomunista sfegatato dell’Fbi) contro la droga, spiegando che è stata invece una cinica guerra economica che aveva l’obiettivo di distruggere l’economia messicana che stava decollando troppo pericolosamente per gli interessi di Washington, e proprio attraverso il commercio della innocua marjuana.
Hoover inventò tutte quelle sciocchezze ‘sul passaggio inevitabile dalla droga leggera a quella pesante’ che oggi sentiamo proferire senza vergogna perfino dal presidente del nostro Senato. Ovvio che tra i principali piaceri ‘colpevoli’ della collana I&W la guerra informativa sulla droga e il cinema dedicato ‘alla droga che allarga la coscienza’. E lo stesso discorso cominceremo a farlo sul genere ‘porno’. Perché, proprio come quando parliamo di tradizioni antiche lontane e da rispettare, anche di ‘porno’ ne esistono due. Uno che libera, uno che schiavizza.

data: 26/08/2008