dal 1999 testimone di un’evoluzione

"A seguito del grande successo del predecessore, che a fronte di un investimento di circa 17 milioni di dollari ha incassato in tutto il mondo oltre i 200, oltre ad avere avuto un’ottima ricezione critica, era prevedibile come la pioggia in autunno che la Paramount mettesse in porto un seguito, dando ancora fiducia al regista e sceneggiatore Parker Finn, creatore della storia del parassita del sorriso sin dai tempi del cortometraggio Laura Hasn’t Slept. Fedele a se stesso, Finn prosegue,

Dedicato a David Lynch 1946-2025 David Lynch ci accompagna con questo film in un intimo e personale viaggio nel tempo, raccontandoci gli anni della sua formazione artistica. Dall’infanzia nella tranquilla provincia Americana fino all’arrivo a Philadelphia, seguiamo le tappe del percorso che ha portato David Lynch a diventare uno dei più enigmatici e controversi registi del cinema contemporaneo.

"L’attenzione di Jean-Luc Godard nei confronti della psiche femminile si è sempre contraddistinta per la sottigliezza e delicatezza di uno sguardo che con un solo colpo d’occhio ne avrebbe colto ogni genere di sfumatura, pur rimanendo nella più quieta discrezione. Questa volta è il turno di Juliette, interpretata da una delle tante femme fatale del regista, Marina Vlady, soltanto lievemente percossa dalla frenesia della contemporaneità e del consumismo: ella ne soccombe, senza, tuttavia, uscirne distrutta o completamente annichilita. Sembra quasi, infatti,

“Prendete la vostra famiglia, i figli piccoli, ma anche il nonnetto che dondola nel patio rimpiangendo i bei tempi quando il vinile comandava, e portateli tutti al cinema. È arrivato Transformers One. Il film dei miracoli. È infatti un film in cui per la prima volta c’è una storia delle origini che è meglio delle storie successive (o precedenti, se guardate l’ordine di commercializzazione), un film con dentro Chris “Thor” Hemsworth (la voce di Orion Pax) che non urla vendetta, un

Salutato al suo debutto, nel 1983 alla Mostra di Venezia, da non poche polemiche (ma difeso da un battagliero Marco Ferreri, che molto si spese anche per la sua distribuzione in sala), Amore tossico racconta le giornate e la disperazione di alcuni giovani eroinomani, tra Ostia e la periferia romana. Primo lungometraggio di un autore costretto a lunghi anni di silenzio prima di poter realizzare soltanto altri due film (L’odore della notte, 1998, e il postumo Non essere cattivo, 2015), il film è insieme uno dei

“Un’altra Cina. Povera, silenziosa, sottomessa, legata ai ritmi e ai tempi dell’agricoltura così come la intendevano prima delle macchine e dell’industrializzazione. Ma capace di rispetto, di lealtà e di amore: una Cina sorprendente quella che è al centro di «Terra e polvere» di Li Ruijun («Yin ru chen yan» è il titolo originale del film, ma conosciuto anche con l’internazionale «Return to Dust»), ritratto di un Paese vero ma nascosto, inutilizzabile dalla propaganda nazionalistica e forse per questo «cancellato» all’improvviso

“C’è un sopra e un sotto, in The Well. Da una parte le stanze della villa dei Foschi Malvisi, antica magione che richiama alla memoria le vecchie atmosfere gotiche fatte di orrori più suggeriti che veramente mostrati; dall’altra i sotterranei, luogo di torture a atrocità messe in scena senza lasciare mai nulla all’immaginazione. Due mondi separati per due visioni del genere agli antipodi: il gotico classico anni Sessanta contro il torture porn più efferato dei primi anni Duemila, una sorta

Il mito di Godzilla è planetario, uno dei simboli cinematografici del Giappone che ha da subito riscontrato un enorme successo al box office. Gli Stati Uniti non potevano lasciarsi scappare questa gallina dalle uova d’oro e nel corso dei decenni si sono appropriati del personaggio realizzando opere con una qualità piuttosto altalenante. Il mito nasce nel 1954 grazie all’intuizione geniale di Ishirō Honda: fu un enorme successo e con questa opera nacque proprio un sottogenere, Kaiju Ega (cinema dei mostri).

«Il film – afferma il regista - è una storia d’amore tra una madre e un figlio, una tragedia colorata che affonda i propri eroi nelle sfumature cangianti dei loro umori più intimi, nella delicatezza e nella violenza. È il racconto quasi mitologico di un legame basato sul sangue che ho tentato di sottrarre al giudizio, senza voler stabilire se ciò che unisce profondamente i due protagonisti sia un atto di amore, più forte delle convenzioni sociali, o un atto

“Vivere una vita sudicia e misera. Vedersi sola e violentata da adulti spietati. Suicidarsi a quattordici anni lasciandosi cadere in un fiume. Simulare, morendone, un gioco da bambina per dimenticare gli abusi e tornare pura. Mouchette è il personaggio più desolante del cinema di Bresson, nel suo film più terso, più limpido, più tragico. Alla lunga gestazione del Balthazar subentra la gestazione brevissima di Mouchette, girato col contributo della televisione – primo esempio di coproduzione televisiva in Francia – pochi