dal 1999 testimone di un’evoluzione

Non di solo cinema…

Intervista esclusiva ad Alberto Pezzotta

Alberto Pezzotta, classe 1965 è uno dei più giovani ed affermati critici italiani. Stretto collaboratore di Paolo Mereghetti per il famoso Dizionario dei Film, scrive su Nocturno e Vivimilano. Nel 1999 ha realizzato un interessante libro sul cinema di Hong Kong intitolato Tutto il cinema di Hong Kong, edito da Baldini Castoldi Dalai.

D) Alberto Pezzotta, benvenuto su DVD italy. Che cosa vuoi aggiungere per farti conoscere meglio dai nostri lettori?
P) Grazie dell’invito. L’ultima cosa che ho fatto è un quadrimestrale, “Brancaleone”, edito da L’Ancora del Mediterraneo e distribuito alla “spera in Dio”. L’abbiamo realizzato in quattro – i miei soci sono Vincenzo Buccheri, Emiliano Morreale e Luca Mosso – e ci proponiamo di parlare di cinema in modo più “civile” che cinefilo, aprendo gli occhi sulla realtà che circonda, a cominciare dalla politica e dal mercato della cultura. Pensiamo che non si viva di solo cinema.

Quali sono stati gli autori ed i film che hanno maggiormente influenzato il tuo percorso di appassionato e critico del cinema.
Sono figlio delle ultime cineteche e del boom delle tv private di fine anni 70. A 14 anni i miei compagni di scuola andavano a vedere “Guerre stellari”, e io andavo a vedere Ferreri e Buñuel. Non che questo aiutasse la mia vita sociale… Il primo Bava l’ho visto a 16 anni. Non ho mai separato alto e basso, non ho mai avuto sensi di colpa, e la parola trash mi fa schifo (ma anche cult e stracult non scherzano…). L’ultima grande scoperta è stata quella del cinema di Hong Kong. Ricordo l’entusiasmo per The Killer visto nel 1991, in una vhs doppiata in inglese di terza mano.

Uno sguardo al cinema di oggi. Ci puoi fare un tuo breve resoconto?
Non credo certo che il cinema sia morto, come da trent’anni va ripetendo quella cassandra di Goffredo Fofi. Oggi tutto è più accessibile, tutto diventa subito cult (difficile fare a meno di questa parola, lo ammetto…). Non si fa in tempo a scoprire il cinema coreano, che tanti suoi autori si buttano subito sul mercato internazionale, perdendo parte della propria ispirazione (penso a Park Chan-wook). Oggi non esiste più vera indipendenza e underground. quindi c’è meno libertà espressiva, alla fin fine, e da spettatori ci si diverte di meno. Tanti grandi maestri sembrano invecchiati e demotivati…. Ma se noi oggi ci lamentiamo di Scorsese, lo stesso succedeva negli anni 60, quando Walsh e tanti altri avevano smesso di fare capolavori… Oggi mi sembrano più vitali comunque tanti registi europei di varie generazioni (Haneke, Herzog, Sokurov, i Dardenne) rispetto ai loro colleghi americani.

HONG KONG
Sei un amante ed uno ‘storico’ del cinema di Hong Kong. Puoi citare alcuni capolavori e alcuni grandi maestri?

King Hu è il più grande regista di tutti i tempi, non solo di Hong Kong! Tra i nomi storici non si possono non citare Zhang Che, Lau Kar-leung, Chor Yuen (riscoperto con i dvd della Celestial e la retrospettiva al Far East). Amo molto la New Wave di Patrick Tam e del primo Tsui Hark. John Woo negli ultimi anni ha molto deluso, ma prima ha dato tanto… idem Tsui Hark (che molti si ostinato a difendere) e forse anche Wong Kar-wai. Jackie Chan non mi ha mai appassionato molto, mentre Stephen Chiau sembra resistere con successo (anche creativo) al digitale e alla globalizzazione. Quello che si è perso, negli ultimi 10 anni, è il cinema di genere, la produzione media – che era mediamente più interessante dei corrispettivi occidentali. Mi stupisce sempre invece Johnnie To: riesce sempre a superarsi, a esplorare nuovi terreni e temi. “Election 2” è incredibile, anche come discorso politico.

Che differenze sostanziali ci sono col nostro cinema?
Il cinema di HK è sempre stato fatto su misura per una città affollata e dai tempi stretti: e ha mescolato i generi nel modo più imprevedibile. Quindi un cinema veloce, violento, pieno di estremi (lacrime e sangue) ma anche di sperimentalismi. Non c’è mai stato spazio per i didascalismi e le ridondanze del cinema americano.

Come pubblico occidentale, cos’è che spesso non riusciamo a “comprendere” e ad apprezzare di questo cinema?
Gli occidentali ridevano dei film di John Woo perché mescolavano action e mélo, lacrime e sangue. Peggio per loro. La difficoltà di distribuire da noi film come quelli di Johnnie To sta invece in altri motivi: sono troppo di genere per il pubblico da cineforum e per quello “fighetto”, e sono troppo “strani” e difficili per il pubblico delle multisale. Da noi non esiste una tradizione di cinefilia “di genere” come in Francia.

E per concludere il capitolo Hong Kong, parliamo di John Woo: “C’era una volta un regista”… o pensi abbia ancora qualcosa di interessante da dare?
In parte ho già risposto. Andando negli Usa ha dovuto ammorbidire tutto. Comunque ha già dato tanto, lasciamolo dormire sugli allori… basta che faccia uscire in dvd il director’s cut di Bullet in the head!

FILM DI GENERE
In Italia, dalla fine degli anni ’60 si producevano tanti film di genere, alcuni di questi sono divenuti autentici capolavori come “Profondo rosso”, “La mala ordina”, “Milano calibro 9”, “L’istruttoria è chiusa” di Damiani… e tanto cinema di Mario Bava e Riccardo Freda. Perchè da tanti anni non si producono film di questo tipo nel nostro paese?

Perché alla fine degli anni 70 il cinema italiano è entrato in crisi, si sono chiuse centinaia di sale, e la televisione è diventata l’entità che dirige il cinema come produttore e come destinazione finale. E quindi i registi non hanno più avuto la libertà di cui godevano prima. il cinema di genere è stato il primo a morire.

CRITICA
Innanzitutto, quando la critica è utile al cinema?

Mah… non saprei. I registi spesso fanno meglio a non leggere i critici, soprattutto quelli che li esaltano. Gli spettatori però possono risparmiare tempo e soldi leggendo un critico fidato e che non si sia bevuto il cervello… Col web c’è fin troppa critica, a scapito della preparazione… c’è una gara a chi recensisce per primo i film che mi fa un po’ ridere… Di certo la critica serve in prospettiva: la storia del cinema viene scritta sulla prima sistemazione, in diretta, che fanno i critici.

Come costruisci la tua critica a un film. E’ una cosa che avviene di getto oppure lasci che l’opera decanti lentamente?
Scrivo per un quotidiano, quindi tempo per decantare non ce n’è. E a volte spiace. Ma se non scrivo subito la mattina dopo ho già scordato tutto se era un film con Lindsay lohan o simili. Scrivere per i mensili, ovviamente, è un altro paio di maniche.

Una curiosità; sei stato tra i pochi che ha criticato – aspramente – l’ultimo Tarantino; hai avuto qualche ripensamento in merito o credi ancora che l’ultima doppia opera, Kill Bill voll. 1 e 2 per intenderci, sia un cult costruito con molta furbizia e poco cuore?
Non voglio passare per quello che ce l’ha su con Tarantino. E’ un simpatico ragazzo, fa il suo mestiere, hai i suoi miti e la sua idea di cinema, che non è la mia. Va bene così

Altra curiosità: parlaci di “Shaun of the Dead”, tradotto in modo fuorviante dalla nostra distribuzione home-video come “La notte dei morti dementi”. Nessuna distribuzione al cinema, per un film che meritava sicuramente più visibilità. Perchè se ne è parlato così poco?
Purtroppo non l’ho ancora visto. I distributori comunque spiccano per miopia. Riempiono le sale di porcate, che nel resto del mondo escono in dvd, e quando hanno tra le mani qualcosa di buono spesso lo buttano via.

DVD
La tua personale dvd-teca. Cosa compri, cosa collezioni.

Soprattutto film italiani e dell’estremo oriente. Magari ho pochi film di Ford o di Hitchcock, e invece ho tutti quelli di Dallamano. E’ una stortura, lo so, ma non vivo in un castello…

Tre titoli in dvd da consigliare al pubblico
Tre uscite degli ultimi mesi: Signore e signori di Germi, capolavoro assoluto. Il diamante bianco di Herzog, miglior documentario dell’anno. L’immoralità di Pirri, per chi cerca qualcosa di peccaminoso.

Un titolo che aspetti con ansia in dvd, ma che ancora in Italia non è uscito.
Cruising di Friedkin, ma nel director’s cut!

Cosa non ti piace del mercato dvd in Italia.
Negli ultimi due anni ha fatto passi da gigante. Case come Ripley’s e Rarovideo fanno un ottimo lavoro a livello mondiale, ma anche la Dolmen fa cose buone, sia pure con molti meno extra… Sono pochi, ormai, quelli che editano i film senza audio originale sottotitolato… Non facciamo nomi…

Come dovrebbero essere i contenuti speciali di un dvd.
Pochi ma buoni. Interviste serie e non chiacchiere da speciale televisivo. I commenti di Herzog e Wenders nei dvd della Ripley’s (sottotitolati!) spesso sono più interessanti dei film.

C’è un film o una “collana” che ti piacerebbe presentare in una prossima edizione in dvd?
Ho appena scritto un testo per il dvd di “Una vita violenta” di Brunello Rondi… vorrei vedere più film di Rondi, di Salce e di Cavallone in dvd. Ma anche di Pietrangeli, di Lattuada e di Soldati!

E per concludere…. puoi anticipare ai nostri lettori quali sono i tuoi progetti futuri?
Aggiornare il mio Castoro su Eastwood

Grazie Alberto, a presto.
Grazie a voi e un saluto a tutti i lettori di DVD italy!

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nella foto Alberto Pezzotta insieme al regista Kim Ki-duk.

data: 29/07/2006