dal 1999 testimone di un’evoluzione

Pulse (2)

(Plaion)

DATI TECNICI: 16:9/ltbx 1.85:1 – DD 5.1 (ita), DTS (ita), 2.0 (gia)

“Pulse – Kairo [Kairo, 2001] rappresenta il maggior contributo di Kiyoshi Kurosawa al genere del kaidan eiga, nella declinazione riveduta e corretta alla luce di nuove inquietudini che si affermò tra la fine degli anni novanta e i primi duemila sulla scia del successo commerciale di titoli come Ring [Ringu, 1998] di Hideo Nakata e Ju-on [id., 2000] di Takashi Shimizu. Sebbene però Kurosawa si possa considerare a tutti gli effetti il padrino di quello che sarebbe stato poi denominato in Occidente J-Horror, dato che fu proprio il suo Cure [Kyua, 1997] – il thriller metafisico che ne consacrò la fama internazionale – a settare le coordinate fondamentali del filone, la sua statura travalica i confini del cinema di spavento, caratterizzandosi per una marcata cifra autoriale capace di servirsi della griglia dei generi per imbastire un discorso personale tanto nei contenuti quanto nelle forme. Autore prolifico e in grado di spaziare con agio anche nei territori del dramma, della commedia e dello yakuza movie, Kurosawa infonde spesso nelle sue opere la complessità della riflessione filosofica, concentrandosi sulla natura dell’essere umano e i suoi rapporti con la realtà: a titolo d’esempio basti ricordare l’atipicità ermetica di un film come Charisma [Karisuma, 1999], parabola sullo statuto parassitario dell’esistenza condotta con uno stile che richiama il lirismo visivo di Andrej Tarkovskij. Lo stesso Kairo si configura perciò come un’opera di ardua catalogazione e proprio per questa sua originalità viene a rivestire una «centrale perifericità all’interno della new wave horror del Sol Levante». Le salde radici ancorate alla tradizione folkloristica e letteraria dell’arcipelago che palesano le trame di molti J-Horror si allentano in Kairo in favore di un impianto tutto concettuale e allegorico, che comporta l’assenza della figura canonica dello yuurei, lo spirito intrappolato nel mondo dei vivi a causa di una morte irrisolta e dedito alla persecuzione dei propri carnefici. Le entità ectoplasmatiche del film di Kurosawa non sono mosse dal desiderio di ripagare un torto subito, né da alcuna intenzione ostile o aggressiva; il loro arrivo piuttosto certifica un’apocalittica crisi in corso del sistema di regole ferree su cui si regge l’intero funzionamento dell’universo. Questa falla nella struttura del cosmo ha come conseguenza la graduale rivelazione all’umanità dell’agghiacciante e insostenibile verità che si cela dietro il grande interrogativo della morte. L’ipotesi formulata da Kairo trascende in cupezza le più desolanti prospettive del materialismo: l’aldilà esiste, ma è un luogo in tutto consimile al nostro mondo, afflitto dalla stessa gravosa materialità; la morte non segna la fine dell’esistenza, ma condanna a macerare in un’angosciosa prigione eterna che moltiplica le sofferenze patite in vita. In particolare è la solitudine a profilarsi come male ineludibile e costitutivo che accomuna nello stesso tormento i vivi e i morti, se la causa prima che spinge gli spiriti a riversarsi al di fuori del loro regno ormai saturo è il disperato bisogno di ricevere aiuto e conforto al loro tetro isolamento.” Prima parte dell’imperdibile analisi firmata Andrea Termini per Lo Specchio Scuro.

La prima edizione, pubblicata dalla defunta Mediafilm nel lontano novembre 2006, non era una di quelle indimenticabili. Mancava la traccia audio in lingua originale e non conteneva extra, ma dobbiamo ammettere che la sezione video se la cavava egregiamente. Ovviamente questa nuova appena uscita, realizzata da Plaion su materiali rimasterizzati dall’inglese Arrow, la surclassa in modo inequivocabile. Il vero punto di forza di questa edizione sono proprio i nuovi materiali rimasterizzati, il che significa che il video ne guadagna in fatto di definizione, di stabilità del quadro, del bilanciamento cromatico e di una perfetta gestione della profondità dei neri. Nei primi secondi di riproduzione il quadro ci è sembrato lievemente impastato ma stiamo parlando comunque di una pellicola del 2001. Per fortuna il master originale giapponese non è stato alterato in alcun fotogramma ed è stato mantenuto in modo perfetto lo stile visivo deciso all’epoca dal regista e dal direttore della fotografia. Peccato per qualche flessione in fatto di compressione digitale, visibile per fortuna in fugaci passaggi. Il comparto sonoro convince sia per la nostra lingua (anche se il doppiaggio è alquanto discutibile…) sia per la traccia in semplice stereo per la lingua originale, molto strano per un film del 2001 ma dopo alcune verifiche sembra proprio che sia corretta. Sezione extra interessante (filmato da Cannes, trailer, tv spot) con il fiore all’occhiello di una recente intervista al regista (42’). A livello di packaging, di grafiche per fascetta, serigrafia sul disco e menu non siamo ai livelli migliori, Plaion/Koch Media ha fatto di meglio ma anche così è un’edizione imperdibile, un film che ha segnato un’epoca da rivedere all’infinito!

VOTO:    5   

data pubblicazione: 08/2023