dal 1999 testimone di un’evoluzione

Wilde Salomé

(CG)

DATI TECNICI: 16:9/ltbx 1.85:1 – DD 5.1 (ita, orig), 2.0 (ita, orig)

La carriera d’attore di Al Pacino è conosciuta ed amata in tutto il mondo, non c’è che dire. Ha firmato con le sue interpretazioni una buona parte della storia del cinema ed ora lo attendiamo in due film in uscita nel 2019, The Irishman di Martin Scorsese (nel quale farà coppia con Robert De Niro bissando l’esperienza di “Heat – La sfida” di Michael Mann), ma siamo soprattutto curiosi di vedere cosa ci regalerà nel prossimo film di Quentin Tarantino “Once Upon a Time in Hollywood”. Non tutti sanno invece che l’attore americano si è cimentato diverse volte con la regia e con esiti anche piuttosto convincenti, soprattutto con la sua prima prova “Riccardo III – Un uomo, un re”. Poi ha diretto un thriller drammatico senza riscuotere enorme successo sia di pubblico che di critica fino ad arrivare al 2011 a questa sua nuova creazione, Wild Salomé. Così ne scrisse Roberto Escobar per Il Sole 24 ore: “Questa è la storia di un’ossessione, avverte Al Pacino nei titoli di testa. E pare alluda alla propria ossessione per il dramma composto nel 1893 e per il suo autore, e insieme a quella che Wilde esprime nella sua eroina. La duplicità di questa ossessione è suggerita già nel titolo, che lega il nome dello scrittore a quello della danzatrice fatale. Wilde Salomè, d’altra parte, può essere letto anche come wild Salomé, Salomè selvaggia, con l’aggiunta della “e” che trasforma wild in Wilde. Ed è il cuore del film che sia selvaggia, la vergine innamorata di Iokanaan, detto il Battista. Anzi, non di lui, ma della sua bocca. Pacino ha costruito la propria opera utilizzando tre linguaggi: quello del palcoscenico, con l’aiuto della regista teatrale Estelle Parsons, quello del film a soggetto tratto dal testo letterario, e quello del film documentario. Che cosa poi sia teatro, alla fine, e che cosa cinema, è difficile determinare. I tre linguaggi non si giustappongono né si sommano, ma si intersecano. La rappresentazione al Wadsworth Theatre di Los Angeles e le sue prove sono filtrate e reinventate dall’occhio della macchina da presa, e il racconto cinematografico nasce dal dramma letto in scena. Quanto al documentario, le sue immagini e il suo montaggio quasi rincorrono Pacino alla ricerca del “suo” Wilde sul palcoscenico, sul set e per le strade di Londra (un po’ come, nel 1996, gli è accaduto in Looking for Richard, per il Riccardo III scespiriano)”. Due anni dopo Pacino ha deciso di editare la versione “fiction” senza gli inserti documentaristici, speriamo che possa arrivare in DVD anche questa versione, vero CG Entertainment?

Il DVD è ottimo nonostante una qualità delle immagini non ad altissima definizione, ma non è un difetto bensì una conseguenza dello stile adottato dal regista in fase di riprese. Doppia configurazione sonora (5.1 e 2.0, da preferire ovviamente la prima), aspect-ratio perfettamente mantenuto e come unico extra il trailer italiano. Vista la mancanza di contenuti speciali sarebbe molto bello che la casa toscana pensasse ad un box limited con una buona dose di extra e la seconda versione del film uscita nel 2013. Comunque sia questa edizione è da non perdere!

VOTO:    4   

data pubblicazione: 07/2018