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Cronache dalla sala – Narnia

Narnia e il principe Caspian: c’erano una volta le belle favole…

Prendi un pizzico di Signore degli Anelli, qualche citazione da Harry Potter, un po’ di caraibica saga dei Pirati ed ecco pronto l’ennesimo mattone formato famiglia: “Le Cronache di Narnia – Il Principe Caspian”, un prodotto perfetto da accompagnare a popcorn e Coca-Cola.

Tanto per essere banali, diremo che non esistono più le favole di una volta.

Le cronache di Narnia di Andrew Adamson, uscito frettolosamente a Ferragosto (in anticipo di una settimana) per paura di perdere colpi sull’imminente uscita del colossale “Kung Fu Panda” della DreamWorks (prevista per il 29 agosto), prova a raccogliere fan e proseliti attraverso un soporifero secondo episodio, (il primo uscì nel Natale del 2005) dell’infinita durata di due ore e mezza.
Senza idee e con i soliti sconfinati luoghi comuni sul genere, il vero interrogativo non è tanto la qualità dell’opera in questione ma il pessimo trend di questi prodotti dedicati ad un pubblico giovane.

“Eragon” di Stefen Fangmeier e “La Bussola d’oro” di Chris Weitz ne rappresentano un fulgido esempio, colossal nati per diventare saghe e finiti presto ai box a causa di esili incassi e tiepidi gradimenti. Evidentemente gli animaloni parlanti e gli effetti al computer non bastano a raccontare una bella storia; sarebbe ora di applicare il 3D non solo per i fondali, ma anche per la profondità di certi personaggi e per lo sviluppo di storie un po’ meno banali.

Non è vero che il digitale toglie idee, Pixar è un ottimo esempio di come qualsiasi tecnica può tornare utile in funzione di una bella storia da raccontare e non è neppure vero che non ci sono più le premesse per fare un cinema diverso. Il vero problema è che questi brutti prodotti per ragazzi sono pensati dagli adulti che ragionano da adulti e quindi… ”come può un adulto far gioire un bambino, quando il suo unico obiettivo è quello di incassare denaro”? Senza un briciolo d’amore e di passione non si arriva da nessuna parte; evidentemente i giovani di oggi sono solo un business, un target da colpire con messaggi sempre più subdoli e subliminali, le favole si vendono come merendine e i film si costruiscono come spot pubblicitari o video musicali.

A questo proposito ci torna alla memoria il caro vecchio colossal europeo per ragazzi datato Natale 1984: “La Storia Infinita” di Wolfgang Petersen. Nonostante tutti i difetti e le pacchianerie, l’opera, aveva, se non altro, uno spirito drammaturgico di un certo spessore; quel “nulla che avanza”, il vero grande antagonista del giovane ed impavido Atreyu, era un grande monito per i giovani e per l’umanità in generale sul rischio che si può correre nel lasciarsi spegnere il cervello dai venditori di fumo.

Accendendo la televisione e puntando il nostro interesse su MTV viene da pensare che una strana e subdola forma di male per ora stia prendendo il sopravvento, ma non dobbiamo lasciarci andare, la battaglia è lunga e c’è ancora tempo per rifarsi!

data: 15/08/2008