dal 1999 testimone di un’evoluzione

Cronache dalla sala – “A Serious… Moon”

Per pochi… per sempre meno.

Un tornado che oscura l’orizzonte sta per giungere a noi, il Santo Natale oltre ai doni e ai tanti auguri, si prepara a portare cianfrusaglia nelle nostre sale cinematografiche… pronte a essere infestate dalle svariate centinaia di copie di cinepanettoni e affini che stanno per giungere a destinazione.
Da una parte l’intramontabile De Sica e la sua orchestra di figliocci d’arte, dall’altra il Pieraccioni Leonardo che per ora spartisce la torta “un anno si e l’altro no” con il trio Aldo Giovanni e Giacomo.
Quest’anno ci è mancato il pre-natale di Boldi, ma ci siamo rifatti la bocca con un Checco Zalone (“Cado dalle nubi”) campione di incassi e “ahi noi” di sicuri imminenti sequel.

Se il cinema italiano, appassito e senza idee, sta diventando sempre più un pericoloso strumento nelle mani dei comici televisivi, quello internazionale sta continuando a sfornare titoli brutti e disonesti: da “Jennifer’s Body” (con Megan Fox) vero e proprio attentato al cinema horror, a “Dorian Gray” ridicola gothic-story recitata da manichini, si giunge alle solite commedie americane “divora-neuroni” tipo “L’isola delle coppie”, cinepanettone a stelle e strisce tutto “campo e controcampo” o “La dura verità”, ennesimo e sciocco tentativo di emulare il sopravvalutato “Harry ti presento Sally”.

In questo fosco e piatto panorama ci voleva Duncan Jones (figlio di David Bowie), al suo esordio nel lungometraggio, con il film “Moon” per ridare slancio e prospettiva al genere di fantascienza e alla programmazione in generale. “Moon” racconta la storia di Sam Bell (interpretato dall’ottimo Sam Rockwell), un astronauta da ormai tre anni sulla luna per estrarre l’Elio-3, un gas che ha messo fine ai problemi energetici della Terra. Sua unica compagnia è il robot tuttofare Gerty (nell’originale la voce è di Kevin Spacey), che lo consiglia e assiste.
Con un budget ridotto di 5 milioni di dollari e con in testa la chiarezza drammaturgica di classici come “Solaris” e “2001 odissea nello spazio”, Duncan Jones armato di un’ottima sceneggiatura (Nathan Parker) e di un’ipnotica colonna sonora (Clint Mansell), ricorre alla forza delle idee piuttosto che agli effetti speciali.
Quella che ne scaturisce è un’opera prima di tutto rispetto, appassionata nel suo saper raccontare i sentimenti della solitudine e capace di farci ragionare sull’alienazione dell’essere umano.

E a proposito di alienazione e alienati come non menzionare “A Serious Man” l’ultimo grande lavoro firmato Joel ed Ethan Coen: introspettivo e antispettacolare con questo film i fratelli Coen abbandonano momentaneamente il loro irriverente dark humor per abbracciare un argomento, il tradizionalismo ebraico, che parla delle profonde paure esistenziali dell’uomo. Per apprezzare tale opera non è necessario conoscere le culture religiose altrui, il senso del vuoto e della paura viene raccontato dai fratelli americani con la capacità di chi è nato per saper trasformare il cinema in grande letteratura.

data: 16/12/2009