dal 1999 testimone di un’evoluzione

Cronache dalla sala – Il cinema che non verrà

La casa automobilistica Fiat ha dichiarato che con il nuovo sorprendente motore “Twin Air” montato sulla 500 si potranno raggiungere consumi addirittura fino a 24/25 km con un litro di benzina. Verso la metà degli anni ottanta (oltre 20 anni fa) la stessa casa automobilistica con il motore denominato “Fire” montato sulla storica Fiat Uno, raggiungeva più o meno lo stesso standard di consumi di quello “ultramoderno” annunciato in questi giorni. Dove sta la vera rivoluzione? La risposta è semplice: nella comunicazione moderna, nella grande capacità da parte di un marketing sempre più arguto e vincente di travestire di nuovo i vecchi concept, le cosiddette idee vincenti del passato.
“La storia è una galleria di quadri dove ci sono pochi originali e tante copie” e forse in questa realtà descritta da una frase di Charles-Alexis De Tocqueville si nasconde lo scenario più adatto per discutere il tema del cinema odierno.
Oggi la parola d’ordine per lanciare un prodotto sul grande mercato globalizzato si chiama “hype”, una parola magica di derivazione anglosassone che significa costruire un’appassionante/snervante attesa di un prodotto, spesso non all’altezza, che prima o poi però dovremmo possedere a tutti i costi. Attraverso foto, teaser, spot, dichiarazioni, promesse, annunci, segreti svelati, notizie bomba e tante curiosità, di fatto si costruisce un grande e rutilante bailamme di rumors che devono indurci a desiderare ardentemente qualcosa di meraviglioso che sta arrivando.

Questa è la nuova frontiera di una società dei consumi sempre più specializzata nel costruire fantastiche confezioni colorate, ma assolutamente impreparata nel gestire la qualità del contenuto al suo interno. Il nostro destino di consumatori, ormai con la memoria storica sempre più corta e con la mente confusa dall’incerto presente, è quello di essere sempre meno accorti nella scelta della qualità del prodotto e sempre più affascinati dalla “vetrinizzazione” dei ranocchi trasformati in principi dai maghi della comunicazione.

Un esempio calzante è il fenomeno d’incassi di questa estate cinematografica ovvero il terzo episodio dell’aberrante saga dei vampiri di Twilight, un brand cinematografico che da tradizione odierna saccheggia a piene mani una letteratura di genere del passato e ne re-inventa un marchio iper costruito a tavolino dove tanti poveri teen-ager (e non solo) si lasciano trasportare da un prodotto più simile a una brutta sfilata di luoghi comuni piuttosto che a un vero film. In questo nostro sistema purtroppo vince solo chi incassa e proprio per questo motivo il nostro futuro cinematografico sarà sempre più rappresentato da film scadenti travestiti con luccicanti lustrini. In fondo è quello che desideriamo di più oggi, spegnere il cervello e lasciarci guidare nel semplicistico mondo dei filmini che non ragionano troppo e che si fanno capire come quegli spot pubblicitari che fagocitiamo con gioia tutti i giorni. Il cinema sarà sempre più un’industria seriale, un po’ come tutti i continui seguiti che sforna senza riserve, una grande fabbrica di stampi sempre più simili tra loro in cui il valore dell’artigianato e dell’opera unica è destinato a scomparire.

Per conto nostro cominciamo a chiederci quando finalmente ci troveremo tra le mani l’oggetto che per tanto tempo ci hanno fatto desiderare, se la parte emotiva più interessante rispetto a quest’ultimo non sia la sua attesa piuttosto che il suo reale valore…

data: 25/07/2010