dal 1999 testimone di un’evoluzione

Cronache dalla sala – L’arte e i soldi dello stato

AAA cercasi disperatamente denaro per produrre cultura!

E mentre l’Italia dello spettacolo si indigna per i tagli alla cultura da parte del governo, in questa gloriosa ultima settimana del mese si apre la kermesse natalizia con “A Natale mi sposo” un film di Massimo Boldi con Vincenzo Salemme, Elisabetta Canalis, Enzo Salvi e Massimo Ceccherini. La trama? Gustavo Godendo è un cuoco milanese che sogna di diventare uno chef di fama mondiale, ma che deve accontentarsi di lavorare in una trattoria romana dove, insieme a porchetta, trippa e pajata, si servono le parolacce. I cinema chiudono per scioperare contro i tagli imposti dalla finanziaria alla cultura ma ecco arrivare sempre in questa settimana “La donna della mia vita”, nuova sorprendente commedia all’italiana di intrighi amorosi tra fratelli: Argentero, Gassman (un modello ritrito di strana coppia) in compagnia di Valentina Ludovini (l’ennesima nuova stella annunciata del nostro cinema). Dirige l’orchestra Luca Lucini che di questioni sentimentali pre e post-matrimonio s’è già fatto una solida esperienza dirigendo cinematografie da Oscar (o memorabili film?) come “Oggi sposi”, “Solo un padre” e “L’uomo perfetto”! In attesa dei “Babbi Natale” di Aldo, Giovanni e Giacomo, del cine-panettone di prima fascia “Natale in Sudafrica” e dell’ennesima resistibile commedia corale inzuppata di lacrime e passioni di Sergio Castellitto “La bellezza del somaro”, ci chiediamo che cosa significa la parola cultura applicata al cinema italiano, perché alcuni degli attori delle sopracitate pellicole manifestino sdegno nei confronti di un sistema che da almeno 30 anni non ha favorito nessun reale sviluppo creativo… ma soprattutto perché mai lo stabilimento cinema dovrebbe abbassare le saracinesche quando è proprio grazie alla non cultura che lavora… chiedere di “Benvenuti al Sud” o di “Maschi contro Femmine” al primo esercente di passaggio. Altro che sipari abbassati e comizi pseudo politici, altro che dibattiti televisivi e girotondi farseschi; gli artisti, sempre che di artisti si possa parlare, devono rispondere con l’arte di fronte a questo governo, hanno dalla loro i palcoscenici e i grandi schermi, il dono della creatività e l’abilità della messa in scena. In tempi passati Age, Scarpelli, Cecchi D’Amico, Risi, Germi e Monicelli sarebbero riusciti a costruire una dissacrante e grottesca cinematografia ricca di spunti e colpi bassi per parlare di questa attuale parodia vivente chiamata politica, vedere “Vogliamo i colonnelli” (Mario Monicelli, 1973) per credere… oppure ascoltare una canzone come “La sedia da spostare” di Giorgio Gaber per capire che non sono i soldi dello stato a produrre arte, l’arte si produce quando esistono forti personalità e idee.

data: 01/12/2010