dal 1999 testimone di un’evoluzione

Cronache dalla sala – Stagione 2010…

…una pessima annata.

In attesa dell’ultimo eventuale exploit di fine stagione che potrebbe essere rappresentato da “Social Network” (il nuovo film di David Fincher ispirato alla storia di Facebook), sembra arrivato il momento di tirare qualche somma su questo 2010 cinematografico.
Considerato che da qui alla fine dell’anno non ci resterà che piangere con il settimo e penultimo “Harry Potter” – seguito a ruota da tutto quel ciarpame cinematografico italiano e non, che ci porterà a vivere il solito ridondante Natale – la stagione di cinema sembra aver già sparato tutte le sue migliori cartucce.

Se proviamo a scorrere brevemente i titoli interessanti, distribuiti in almeno un centinaio di copie, di questa pessima annata ci vengono in mente solo “L’uomo nell’ombra” l’ottimo noir di Roman Polanski e “La prima cosa bella” (Paolo Virzì), “Toy Story 3” e “Dragon Trainer” per quanto riguarda la categoria cartoni digitali. Veramente poco per una stagione partita con lo spettacolare e dimenticabile “Avatar”, proseguita con i deludenti top/flop “Shutter Island” (Martin Scorsese) e “Amabili resti” (Peter Jackson) e culminata con l’astruso e cervellotico “Inception”, un film da libretto delle istruzioni… scaricabile tra l’altro da internet…

Con un 3D che continua ad arrancare, con i sequel e i remake che inesorabili avanzano spazzando via qualsiasi forma innovativa e con i Festival di cinema che non si capisce bene a cosa servano, la cosa più sorprendente di questa stagione in corso è il costante e crescente afflusso di spettatori nelle sale. Evidentemente la qualità dei prodotti non è la chiave per vendere biglietti e forse proprio in questa semplice considerazione sembra muoversi la strategia di un cinema senza più idee che riesce attraverso il sapiente abuso del marketing a produrre le giuste suggestioni per incanalare migliaia di persone verso gli stabilimenti dalle meraviglie filmiche.

Le prospettive per il futuro sono tutt’altro che rosee, di fatto l’universo cinema assomiglia fin troppo a una comunità che persegue le logiche di un mondo conservatore ovvero una sorta di organizzazione che mira a conservare le strutture sociali e politiche tradizionali negando qualsiasi spinta progressista. Una realtà come questa, per mantenere la stabilità, ha bisogno necessariamente di abbassare il livello intellettuale dei propri cittadini per investire tutto il proprio capitale in lineari prodotti dalla rassicurante ed elementare fruibilità con il fondamentale scopo di limitare i rischi di investimento e ottenere grandi e immediati ricavi.

Se così non fosse non si spiegherebbe l’incessante strapotere del gossip, della passerella, dell’immagine celebrativa fine a sè stessa e della nullaggine di una critica fin troppo accondiscendente. In questi tempi moderni la vera fiction, il vero lavoro creativo riguardante l’uscita di un film si consuma solo nella fase del suo lancio, tutto il resto rappresenta un prevedibile prodotto uguale a tanti altri e ottimamente adattato all’ozio della mente.
Ci troviamo in un strano punto di non ritorno, in una fase in cui il cinema non fa più innamorare le giovani leve e ha perfettamente imparato a mantenere la propria saldezza costruendo in maniera sempre più logica mestieranti da laboratorio perfettamente adattati a produrre e dirigere cinema di alto consumo.

data: 07/11/2010