dal 1999 testimone di un’evoluzione

La morte corre sul fiume

Può bastare un solo film per entrare nella storia del cinema? A Charles Laugthon sì!

Se spulciamo tutti i dizionari del cinema, la cosa che incuriosisce di più è che LA MORTE CORRE SUL FIUME (disponibile da MGM) è l’unico film accreditato di Charles Laughton.
Principale responsabile della brevissima carriera registica di questo famoso attore americano (IL CASO PARADINE, TESTIMONE D’ACCUSA, SPARTACUS) fu il clamoroso insuccesso di questo primo film.

Il destino fu beffardo con Laughton, rintanato nei suoi amletici rimuginii di cineasta fallito, chissà se avrebbe mai pensato che la sua unica opera sarebbe diventata nel tempo un oggetto di studio per i registi e di culto per i cinefili.

Tratta da romanzo “THE NIGHT OF THE HUNTER” di Davis Grubb, la trama del film è un racconto esemplare.
Un predicatore, Harry Powell, superbamente interpretato da Robert Mitchum, sposa e uccide una vedova (Shelly Winters), cercando il bottino di una rapina conclusa dal marito. I due figlioletti fuggono, trovando rifugio presso un’anziana signora (Lilian Gish) che ospita trovatelli, ma l’abominevole reverendo Powell è sulle loro tracce!
Il film, uscito nel 1955, diventa il racconto della fuga di due bambini, attraverso un’ America inquietante e onirica, per evitare l’orco che li divori.

Robert Mitchum, nella parte del lupo cattivo è un’emblematica incarnazione del male; per i due bambini il mondo è un luogo tanto denso di orrore quanto affascinante e magnifico.

Stilisticamente ineccepibile, maturo nella costruzione narrativa e nell’uso dei simboli, capace come pochi di unire una sconcertante modernità ad una dimensione atemporale e archetipa.
Forse la favola più nera e bella della storia del cinema, una fiaba sulle minacce che accompagnano la vita e la crescita.

Dal punto di vista estetico, Laughton riesce a sintetizzare perfettamente una fotografia espressionista con una logica narrativa prettamente surrealista. Con il risultato finale di arrivare a colpire le corde dell’emotività.

Quello di Laugthon è un film da “sentire” più che da capire, un lavoro che parla all’inconscio più che alla razionalità.

Prossimamente in tutte le vostre teche!

data: 09/12/2005