dal 1999 testimone di un’evoluzione

Peter Bogdanovich

L’ultimo Truffaut

Figlio di immigrati scappati dal Nazismo – suo padre era un pittore e pianista serbo e sua madre la discendente di una ricca famiglia ebrea austriaca – Peter Bogdanovich è nato in America, precisamente a Kingston (New York) il 30 luglio 1939. E’ regista, attore, sceneggiatore e produttore cinematografico. Fin da ragazzo si interessa al teatro, all’arte figurativa, alla critica cinematografica ed è fortemente attratto dalla nouvelle vague francese e dal critico e regista François Truffaut. Come lui scrive degli articoli sul cinema per l’Esquire Magazine e cura le monografie di Welles, Hawks e Hitchcock per il MOMA (Museum of Modern Art) di New York. Si laurea in Storia del cinema con una tesi su ‘Furore’ di John Ford. Dopo aver lavorato per la televisione statunitense ed al fianco di Jack Nicholson in “Il serpente di fuoco” (1967), gira il suo primo film “Bersagli” nel 1968 (finanziato dal maestro dell’horror Roger Corman), che è essenzialmente un omaggio all’attore Boris Karloff che ne è anche protagonista. Vede più di 400 film all’anno ed è particolarmente affascinato dalle figure di due registi che vede come i pionieri dimenticati del cinema americano: Howard Hawks e John Ford, a quest’ultimo rende omaggio realizzando un documentario intitolato “Diretto da John Ford” (1971). In un’intervista dichiara: “Nella mia top 5, oltre a “Rio Lobo” di Hawks ci sono solo film di Renoir, che per me sta al cinema come Mozart alla musica e Turner alla pittura. Cito su tutti “French Cancan”, “La bestia umana” e “La grande illusione”.” Sempre nel 1971 dirige “L’ultimo spettacolo”, accorata metafora su un cinema in via d’estinzione che lo fa conoscere al pubblico internazionale. Bogdanovich, qui in veste di regista e sceneggiatore, viene nominato all’Oscar per entrambe le categorie, ma l’unica cosa che riceverà sarà l’amore della giovane e bella attrice Cybill Shepherd, una dei protagonisti della sua pellicola, che lo spingerà a divorziare dalla moglie (la produttrice Polly Platt) dalla quale ha avuto due figlie. L’anno successivo viene diretto da Orson Welles (suo grande amico) in “L’altra faccia del vento”. Si tratta di un film che ha una lunga storia, una pellicola che Welles non è mai riuscito a far uscire. Le riprese del film, girato interamente in Arizona intorno al 1973, durarono in tutto cinque anni, due dei quali lo hanno visto partecipare in prima persona, al fianco di John Huston, Dennis Hopper e Susan Strasberg.

Il pensiero del regista traspare da subito nei suoi lavori: tutti i grandi film sono già stati realizzati, ed ai registi contemporanei non resta altro che proporre una poetica della nostalgia, rifacendo i grandi classici degli anni quaranta e cinquanta. I suoi successivi film sono infatti remake originali e ricercatissimi sul piano formale: “Ma papà ti manda sola?” (1972) commedia con Barbra Streisand e Ryan O’Neal che riprende lo stile di Howard Hawks e “Paper Moon – Luna di carta” (1973) sempre con O’Neal ispirato al cinema di Frank Capra, per il quale viene nominato ai Golden Globe come miglior regista e che fa vincere l’Oscar alla sua giovanissima interprete Tatum O’Neil, figlia dello stesso Ryan. Seguiranno “Daisy Miller” (1974) e il flop “Finalmente arrivò l’amore” (1975). Tenta di riconquistare il favore del pubblico e della critica con “Vecchia America” (1976) cui farà seguito il più fortunato e apprezzato “Saint Jack” (1979). Nel 1981 è la volta di “E tutti risero”, film nel quale il produttore gli imporrà la presenza, accanto a Ben Gazzara e Audrey Hepburn, della playmate Dorothy Stratten. I due si innamorano, ma Dorothy è fidanzata con Paul Snider, persona alquanto instabile, che vive del lavoro della moglie e che, quando scopre la relazione fra i due, spara alla donna e sodomizza il suo cadavere, prima di suicidarsi. Nessuno vuole distribuire il film, sarà infatti lo stesso Bogdanovich (emotivamente molto provato) a portarlo nelle sale. In merito a questa vicenda scriverà poi il libro “The Killing of the Unicorn – Dorothy Strattern (1960 – 1980)” che lo identificherà però come uno sfruttatore opportunista della bellezza della vittima, al pari del suo assassino, e ispirerà la pellicola di Bob Fosse “Star 80”. Torna alla regia solo nel 1984 con “Mask – Dietro la maschera”, dove affronta il difficile tema dell’handicap ispirandosi ad una storia vera, uno dei suoi film migliori che al festival di Cannes 1985 fa vincere a Cher il premio per la migliore attrice. Seguiranno poi “Texasville” (1990) considerato il seguito di “L’ultimo spettacolo”, “Rumori fuori scena” (1992) e il flop The Cat’s Meow (2001). Bogdanovich torna poi a recitare nella serie televisiva de I Soprano, interpretando il ruolo del dottore/analista Kupferberg, e ne dirige anche un episodio. Nel 1988 sposa la sorella di Dorothy Stratten, Louise. Il suo ultimo lavoro è la raccolta in un volume enciclopedico (Chi c’è in quel film?) di 25 ritratti delle più grandi star hollywoodiane perlopiù quelle da lui conosciute personalmente, in cui mostra somiglianze e differenze tra il personaggio pubblico e quello privato. Un’opera che Scorsese ha definito indispensabile.

In una recente intervista ad una domanda in cui gli si ricordava che Jerry Lewis affermava che Hollywood è un posto di yesmen, bugiardi e leccapiedi e la gente la ama «perché ama la merda», lui rispose:
“E aveva ragione! La nuova Hollywood è ancora peggio di quella cui si riferiva Jerry. Perché non c’è altrettanto talento, ma il livello di merda è cresciuto in modo inversamente proporzionale alla qualità!”

data: 29/01/2009