dal 1999 testimone di un’evoluzione

Robert Aldrich

Un bacio e una pistola… contro Hollywood.

Robert Aldrich nasce nel 1918 nel Rodhe Island (Stati Uniti), inizia come attore all’Academy Studios e partecipa con una piccola parte al film di Joseph Losey, La grande notte (The Big Night, 1951), anche se la sua vocazione si dimostra sin da subito essere quella di regista.

Dopo aver lavorato come aiuto regista con autori come Chaplin, Renoir e Losey, passa alla regia dove si fa notare per una serie di film polemici nei confronti del cinema hollywoodiano e del suo establishment, che gli procurano non pochi problemi con l’industria cinematografica e gli ambienti conservatori.

Aldrich si rivela per quattro film in particolare, tutti molto diversi tra loro:
L’ultimo apache (1954), Vera Cruz (1954), Il grande coltello (1955) e Un bacio e una pistola (1955). Pur diversissimi di contenuto e anche di genere, i film di Robert Aldrich rivelano un innato amore per le situazioni drammatiche, nelle quali vengono affrontati i problemi fondamentali della vita.

Aldrich è un realista che ama i contrasti e le verità, la speranza è praticamente assente nelle sue pellicole con la sola esclusione de L’ultimo apache, storia di un irriducibile indiano che non accettando la sconfitta di Geronimo, continua imperterrito la sua battaglia contro i bianchi.

L’ironia di Aldrich fa invece la sua trionfale apparizione in Vera Cruz, storia di due amici-nemici al tempo della tragica avventura di Massimiliano in Messico.
Gary Cooper è il puro avventuriero, ormai sradicato da ogni interesse dopo il fallimento della sua parte nella guerra di secessione, mentre Burt Lancaster è il briccone simpatico, il fuorilegge che non ha paura di nulla, nella migliore tradizione dei film western.
Il colore acceso della vicenda, le divise comiche dei soldati europei in quel paesaggio affocato, il fragore delle armi e la sete dell’oro, sono per il regista gli elementi di una commedia che resta tale anche se si conclude tragicamente.

L’originalità de Il grande coltello, storia ambientata dietro le quinte del cinema, consiste nei tre personaggi: quello di Rod Steiger, il produttore disposto a ogni bassezza pur di non farsi sfuggire il divo che gli procura dollari, l’attricetta Shelley Winters, che non s’accorge della trappola nella quale viene coinvolta e quello dell’agente del produttore, Wendell Corey, che non può essere un delinquente perché è stato in guerra poco meno che un eroe.

Ma sicuramente il grande film di Aldrich è tratto da un romanzo poliziesco di Mickey Spillane: Un bacio e una pistola. Il regista ha preso il rozzo intreccio dello scrittore e se ne è servito per offrirci un film allucinante, denso di significati e di trovate, condotto con una sapienza stilistica senza pari. Ed è per Un bacio e una pistola che ci sembra lecito scomodare tutta una tradizione di violenza cinematografica che parte dal Fritz Lang de Le spie per giungere allo Stroheim di Luna di miele e al Welles de La signora di Shanghai.
Il risultato è di prim’ordine, opera di una personalità estremamente originale.
Il film un autentico capolavoro.

Ideologicamente Robert Aldrich conduce una battaglia su due fronti: contro i produttori dal cervello pieno di crusca che disprezzano il pubblico e l’intelligenza e che perciò vogliono imporre prodotti stupidi, ovvii e deprimenti e contro certi miti della società statunitense contemporanea che gli sembrano contrari al buon andamento delle cose e all’ordine civile della città.

BIOGRAFIA IN BREVE

Appena trentenne, Aldrich firma la regia di Vera Cruz (Vera Cruz, 1954) dirigendo due miti come Gary Cooper e Burt Lancaster, proprio con quest’ultimo ci regalerà poi L’ultimo apache (Apache, 1954) e 10 secondi con il diavolo (Ten Seconds to Hell, 1959).

Come a John Ford, anche a Robert Aldrich piace la contrapposizione tra virilità maschile e fragilità femminile e la evidenzia in Foglie d’autunno (Autumn Leaves, 1956) con Joan Crawford. Ma è la critica all’ipocrisia e alla corruzione dell’America di quel periodo a caratterizzare il suo cinema degli anni ’50, in film come Un bacio e una pistola (Kiss Me Deadly, 1955) e Il grande coltello (The Big Knife, 1955), capolavori di cinismo.

Negli anni anni ’60 firma altri capolavori: L’occhio caldo del cielo (The Last Sunset, 1961), western con Rock Hudson, Kirk Douglas e Dorothy Malone; Che fine ha fatto Baby Jane? (What Ever Happened to Baby Jane?, 1962), tesissimo film del terrore con Bette Davis e Joan Crawford; l’altrettanto crudo Piano… piano, dolce Carlotta (Hush… Hush, Sweet Charlotte, 1964), sempre con la Davis e il feroce film antimilitarista Quella sporca dozzina (The Dirty Dozen, 1967), con attori del calibro di Lee Marvin, Ernest Borgnine, Charles Bronson e John Cassavetes. Sul finire del decennio il suo stile si fece ancora più caustico e debordante, attaccando il decadente mondo dello spettacolo con Quando muore una stella (The Legend of Lylah Clare), 1968 e L’assassinio di Sister George, (The Killing of Sister George, 1968), la cinica borghesia statunitense con Niente orchidee per Miss Blandish, (The Grissom Gang, 1971) e il corrotto mondo politico con Ultimi bagliori di un crepuscolo, (Twilight’s Last Gleaming, 1976). Il suo ultimo film fu California Dolls (All the Marbles…) incentrato sul mondo spietato del catch che uscì nel 1981. Morirà due anni dopo.

data: 19/08/2007