dal 1999 testimone di un’evoluzione

Arthur Penn

Il piccolo grande regista

Arthur Penn nasce a Philadelphia nel settembre del 1922, appassionato di teatro, negli anni ’50 si perfeziona come regista cinematografico e lavora a lungo per importanti reti televisive. Nel 1958 realizza la sua prima opera teatrale, “Two For The Seesaw” di William Gibson, con Anne Bancroft e Henry Fonda. Successivamente mette in scena un altro lavoro di Gibson, Anna dei miracoli, una commedia con la stessa Bancroft che porterà sullo schermo nel 1962. Il successo del film lo ripaga di un debutto cinematografico passato quasi inosservato nonostante la presenza di Paul Newman per Furia selvaggia – Billy The Kid, già reduce dalla popolarità di “Lassù qualcuno mi ama”.

Grande estimatore di Jean Luc Godard e di François Truffaut, per il suo terzo film, Mickey One (1965), si cimenta nel tentativo di realizzare negli Stati Uniti un cinema europeo e stringe amicizia con il protagonista, Warren Beatty, che di lì a due anni gli proporrà di girare Gangster Story (1967), racconto burlesco e tragico delle gesta criminali della coppia Bonnie e Clyde, un’evocazione degli anni trenta che farà scuola e un ritratto dell’America come società della violenza. Il film in questione presenta i due fuorilegge nell’era della Grande Depressione, mescola nel film dramma, spirito umoristico, riflessione sociale e scene di violenza poco rappresentate fino ad allora nella cinematografia statunitense per ridefinire i miti americani del passato. Malgrado le scene di violenza e la sparatoria finale in cui vengono uccisi Bonnie e Clyde, il film è denso di passione e sentimento, ingredienti a cui Penn non vuole mai rinunciare, nonostante carichi le sue storie di tensione, denuncia e sangue.
Stessi ingredienti che troviamo impressi sulla faccia tumefatta dello sceriffo Calder/Marlon Brando (La caccia, 1966) che non riesce a salvare l’evaso Reeves/Robert Redford dal suo tragico destino.

Proprio Gangster Story è considerato da molti come l’antesignano di quella svolta innovativa del cinema americano che prende il nome di “New Hollywood”. Qui infatti Penn sottopone ad una profonda revisione critica in chiave antiretorica ed anticonformista alcuni valori fondamentali della cultura statunitense, oltre a perseguire una sua personale idea di stile, assai più vicina al cinema colto e d’autore europeo che non alla tradizione del cinema classico americano.

Negli anni in cui l’America viene percorsa dalle grandi marce contro le discriminazioni razziali e la guerra in Vietnam, progetta un film sulla conquista del West, rileggendo la Storia attraverso gli eccidi del generale Custer.
Dustin Hoffman è il Piccolo grande uomo (1970), l’ultracentenario che ricorda come si è salvato dalla battaglia di Little Big Horn e il suo vagabondare tra i visi pallidi (a cui appartiene per nascita) e la tribù Comanche (a cui appartiene per formazione e cultura).

Anche se per Alice’s Restaurant (1969) utilizza quasi esclusivamente attori non professionisti, gli anni passati a studiare presso l’Actors’ Studio di Lee Strasberg gli fanno riconoscere, scegliere ed amare un attore soprattutto per la sua recitazione. Nel corso della sua carriera ne dirige di grandissimi, come Marlon Brando e Jack Nicholson in Missouri (1975).
Nel poliziesco Bersaglio di notte (1974) e nello stesso Missouri prosegue nell’opera di smitizzazione dei “generi” hollywoodiani.
In seguito si allontana dal cinema per dedicarsi ancora al teatro, ma negli anni ’80 torna dietro alla macchina da presa per raccontare la vita di alcuni immigrati in America nei primi anni ’60 (Gli amici di Georgia, 1981).

Diventa direttore dell’Actor’s Studio e nel 1996 gira in Sudafrica per la tvInside, una storia sull’apartheid, ma continua sempre di più a prendere le distanze dall’industria cinematografica hollywoodiana.
Tra gli altri film ricordiamo Target- Scuola omicidi (1985), Omicidio allo specchio (1987) e Con la morte non si scherza (1989).
Fu nominato per tre premi Oscar per la miglior regia, nel 1963 con Anna dei miracoli, nel 1968 con Gangster Story e nel 1970 con Alice’s Restaurant.

Le sue pellicole più riuscite trattano con arguzia dei ruoli di chi conduce una vita da escluso, degli outsider, di chi si discosta volontariamente dalla potenza distruttiva della cultura americana, ma ne rimane comunque inevitabilmente influenzato.

FILMOGRAFIA

Furia selvaggia (Billy the kid) 1958
Anna dei miracoli 1962
Mickey One 1965
La caccia 1966
Gangster Story 1967
Alice’s Restaurant 1969
Piccolo grande uomo 1970
Bersaglio di notte 1975
Missouri 1976
Gli amici di Georgia 1981
Target – Scuola omicidi 1985
Omicidio allo specchio 1987
Con la morte non si scherza 1989
Lumière and Company 1995

data: 28/05/2007