dal 1999 testimone di un’evoluzione

Cronache dalla sala – “Lo spettatore passivo-compulsivo…

…e il cinema rassicurante”.

Nella storia del cinema di casa nostra ci sono film particolarmente scomodi, perché nel bene e nel male inscenano la rappresentazione di una società in decadenza e senza più morale. Sono film che raccontano, senza peli sulla lingua, l’involuzione di un popolo che ormai appagato dalla ricchezza e dal raggiungimento dello status dimentica con disarmante facilità gli ideali che lo avevano portato a credere in qualcosa nei momenti della ricostruzione di un’identità. Parliamo di quelle amare commedie come “Un borghese piccolo piccolo” di Mario Monicelli del 1977 oppure “La terrazza” di Ettore Scola del 1980: ritratti di una società alla deriva gestita da arrivisti con ideali ormai sotto le scarpe.

Sono storie scritte da autori vivi e consapevoli del mutamento di una nazione che, superata la fase critica del dopoguerra e in piena fase post-boom economico, si apprestava a mostrare la bieca e cinica trasformazione dell’individuo in un essere profondamente egoista e meschino.

Erano storie crude, per certi versi fastidiose, ma che avevano il grande pregio di essere raccontate con sconcertante lucidità. Da sempre questa tipologia di film ha faticato a trovare spazio nei palinsesti televisivi e nei gradimenti del grande pubblico, di fatto la natura ruvida e pessimista di queste opere rappresentava un ostacolo per lo spettatore bisognoso di un valido bromuro per lo spirito potenzialmente inquieto e confuso.

La capacità di analizzare un paese oggi è completamente cambiata… le trame dei nostri film sono assolutamente prive di contenuto, basti pensare al recente campione d’incassi “Nessuno mi può giudicare” di Massimiliano Bruno, storia di una giovane vedova sul lastrico costretta a trasformarsi in un’audace “escort” per far presto cassetta e per salvarsi dall’oppressione dei creditori; ci troviamo di fronte a un film dalla trama apparentemente irriverente ma dalla messa in scena terribilmente furba e rassicurante. La pellicola interpretata dalla strana coppia Raoul Bova/Paola Cortellesi, prevalentemente costruita su gag televisive e condita da interpretazioni al minimo sindacale, è assolutamente piatta e banale. Eppure nei vari forum sulla rete dedicati al cinema si leggono commenti del tipo: “film divertentissimo ma che fa anche riflettere” oppure “Si ride tanto! Ci sono molti spunti sul sociale e sulla politica attuale”!

Ma chi è lo spettatore medio di oggi, quali sono le sue capacità di recepire questa società e soprattutto… costui è veramente interessato ad approfondire le reali problematiche che lo circondano? La risposta è: “assolutamente no”, il moderno consumatore di cinema è una persona che si nutre a prescindere, senza rendersi conto della qualità del proprio appetito e senza interessarsi minimamente del valore delle pietanze. Oggi si sceglie a caso e ci si accontenta anche quando il menù è particolarmente povero. Se da una parte lo spettatore si adegua, dall’altra c’è chi furbescamente ne approfitta spargendo sulla piazza film banali, rassicuranti, dagli esiti certi e dalla morale facilmente comprensibile. Abbattere la barriera critica per planare senza troppa fatica nei gradimenti e nei gusti del consumatore di cinema è lo scopo finale di un’industria che sta cercando in tutti i modi di standardizzare il pubblico in un grande gregge di indifferenti pronto a rispondere in qualsiasi momento ai segnali di chiamata. Questa strategia sembra dare i suoi frutti, la passività con cui si consuma cinema è ormai la stessa con cui si guarda la televisione: tant’è che capita spesso, durante la proiezione di un film di ritrovarsi in sala spettatori che spediscono sms, giocano con lo smartphone, rispondono a telefonate e parlano a voce alta con il vicino come se si trovassero a consumare un aperitivo all’aperto…

Un tempo i film si andava a cercarli, ora – quando raggiungiamo una multisala senza conoscere neppure la programmazione – sono i film che vengono a cercare noi.

data: 06/04/2011