dal 1999 testimone di un’evoluzione

“Sono rari, i film come “L’albero degli zoccoli”, opera che unanimemente riconosciuta come l’apice della carriera di Olmi ma anche come tra le pellicole più importanti degli anni Settanta e non solo. Spicca innanzitutto per il suo approccio rigoroso, la scelta di raccontare la vita contadina, in un periodo storico specifico, utilizzando attori non professionisti che spesso parlano in dialetto e che sono essi stessi contadini”. Estratto dal booklet interno.

“Ancora una volta, Olmi sembra andare in una direzione per poi lavorare astutamente sulla destrutturazione dei generi e del linguaggio. Come in altre occasioni, tra cui Cantando dietro i paraventi o lo stesso L’albero degli zoccoli, Il mestiere delle armi si sostanzia di un genere, quello storico, puntando una dimensione epica, per poi tradire entrambi gli elemtni. Il film di Olmi, quello più ambizioso in termini produttivi, si muove nel territorio di un intimismo che è intriso di Storia ma

“Finale a sorpresa è uno sfavillante divertissement in cui i registi, e Cruz, Banderas, Martinez con loro, ironizzano, autoironizzano, si divertono e fanno divertire - molto - pescando a piene mani dal noto, dal luogo comune ma anche dalle loro carriere e da un bagaglio di esperienza che i tre attori mettono mirabilmente al servizio di un’idea di cinema raffinata nella forma e diretta nell’assunto, un po’ meno caustica e stratificata del passato ma perfettamente a punto nei tempi e nei modi del meccanismo comico-satirico.”. Chiusura della

“Sembra muoversi su un percorso di stampo orrorifico, “Lunga vita alla signora!”, opera che appare aliena rispetto alla filmografia del regista (e lo è per molte scelte di racconto) ma che in realtà è molto coerente con i temi affrontati in altre sedi. E’ una pellicola che intenzionalmente vuole essere claustrofobica: sfruttando le note unità aristoteliche, si svolge in un solo posto e nell’arco di una sola notte…”. Dal booklet interno.

“Nella commistione tra finzione, realtà, rappresentazione, si nasconde il senso stesso di Cantando dietro i paraventi e del cinema di Olmi, tutto teso a un riflesso cinematografico che cela, dietro i paraventi dell’immagine, un profondo senso umanista della vita, filtrato dalla sensibilità artistica dell’autore. A un certo punto, questo concetto viene anche esplicitato nelle parole di Bud Spencer, quando dice: “I fatti a cui state assistendo sono realmente accaduti e attraverso il gioco della rappresentazione ne conoscerete gli esiti. Il

“Il disagio urbano e contemporaneo secondo Olmi. Un certo giorno è un film che si muove in linea con il resto del cinema olmiano, che è un’analisi sull’esistenza racchiusa nella dicotomia dei concetti di “inizio” e di “fine”. Estratto del booklet interno.