dal 1999 testimone di un’evoluzione

Le parole che abbiamo detto. Le parole che avremmo voluto dire. Le parole che non abbiamo capito. Hamaguchi incontra Murakami, gioca con Cechov e costruisce un’altissima riflessione sul potere del linguaggio, sui labirinti dell’amore, sulla capacità di rapportarci alle altre persone. Drive My Car è un road movie dell’anima, in equilibrio tra vita e rappresentazione, dove le solitudini dei personaggi (un regista, la sua giovane autista, gli attori e le attrici del suo laboratorio teatrale) si sfiorano, si guardano allo

“Una cucina, una adolescente che si sta preparando per l’arrivo dell’amica del cuore mentre è sola in casa, e un telefono che squilla. Dall’altra parte della cornetta una voce sconosciuta pone la fatidica domanda: “Ti piacciono i film dell’orrore?”. Si riparte da qui, in questo Scream che approda nelle sale italiane nel bel mezzo di un gelido inverno per gli incassi con la speranza – lui che è abituato alle mattanze – di rivitalizzare il rapporto morente tra il pubblico

Verrà ricordato per il suo valore artistico o per il film che fece vincere il primo Oscar a Will Smith, nella stessa sera dell’ormai famoso “schiaffo” dato in diretta mondiale al presentatore Chris Rock? “Basato su una storia vera che ispirerà il mondo, ripercorre la vita di Richard Williams, un padre imperterrito che ha contribuito a formare due delle atlete più dotate di tutti i tempi, che hanno cambiato lo sport del tennis per sempre.”

“Femme fatale ha un titolo talmente paradigmatico da risultare quasi una dichiarazione d’intenti. Pur facendo infatti parte dell’ideale «ciclo hitchcockiano» di Brian De Palma, il film amplia il raggio d’azione teorico del regista di Vestito per uccidere [1980] ad un intero genere: il noir. La cosiddetta femme fatale è stata, difatti, uno dei topoi del nero cinematografico, americano e non. Donne corrotte, marce dentro: vedove nere – per riprendere il titolo di un grande omaggio al noir classico ad opera

L’appassionante storia umana, artistica e imprenditoriale di Salvatore Ferragamo, dall’infanzia a Bonito, dove ha realizzato le sue prime scarpe, al viaggio in America in cerca di fortuna, dalle esperienze a Hollywood al ritorno in Italia, dal rischio del fallimento alla rinascita nel suo laboratorio di Firenze fino alla definitiva consacrazione. Carattere, istinto, genio, curiosità e straordinaria intuizione: Salvatore – Il calzolaio dei sogni mostra il mistero e il fascino di una figura complessa, un’icona della moda italiana e mondiale che

Cosa succede quando il caso comincia a muovere le sue pedine? Quanto può influire sulla nostra vita un semplice imprevisto? Il gioco del destino e della fantasia indaga sulla rotta di collisione tra cuore e sorte. Un tema per cui Hamaguchi elabora tre variazioni narrative, disegnando quattro intensi personaggi femminili alle prese con i propri sentimenti, con la propria immaginazione e con la geometria delle coincidenze e delle casualità. Questo il filo rosso che mette in connessione i tre capitoli

"Soldini (aiutato nella sceneggiatura da Doriana Leondeff) continua a raccontare la fatica di vivere e la voglia di non farsi schiacciare dalle convenzioni, ma questa volta con i tempi della commedia malinconica, alla “Kaurismäki”. (…) Il che non ha impedito al film di riscuotere uno straordinario successo di pubblico, anche per merito della grande prova di Licia Maglietta" - estratto della scheda del Dizionario dei Film 2021 - Il Mereghetti edito da Baldini+Castoldi.

In molti hanno gridato al capolavoro, in tanti lo hanno inserito nelle liste dei migliori film del 2021. Senza sbilanciarci possiamo affermare che l’ultima opera del regista norvegese Joachim Trier è assolutamente da vedere. Debutta nel 2006 con l’interessante Reprise, si è fatto notare a Cannes nel 2011 con l’altrettanto interessante Oslo, 31. august, entrambi inediti in Italia. La persona peggiore del mondo è il terzo capitolo della “Trilogia di Oslo”, ora speriamo che grazie all’ottimo riscontro di critica e

Lorenzo Rossi su Cineforum.it: “Non è un film comune nel panorama italiano Ariaferma. Anzi è proprio una gemma preziosa. E del resto nemmeno Leonardo Di Costanzo è un regista ordinario. Formatosi in Francia, con un passato di documentarista e arrivato alla fiction già più che cinquantenne il regista campano è un autore insolito, quasi laterale e forse ancora da scoprire completamente. Ma questo percorso non comune, così personale e sui generis è in realtà il suo miglior pregio e se Ariaferma è un grande film

Dopo i capolavori della trilogia della vendetta (Mr. Vendetta / Old Boy / Lady Vendetta) il regista coreano si è un po’ disorientato; prima realizza un film piuttosto deludente come “I’m a cyborg, but that’s ok” uscito nel 2006 poi realizza il suo ottavo film, proprio questo “Thirst” uscito nel 2009 ma da noi ancora inedito in sala. Liberamente tratto dal romanzo Teresa Raquin di Émile Zola si aggiudicò il Premio della Giuria al Festival di Cannes, ma non riuscì